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Storia | Vessillo e medaglie
Vessillo e medaglie
Sul Vessillo di Acqui Terme sono appuntate le seguenti Medaglie d'oro al valore militare:
Medaglia d'oro al valore militare
TENENTE COLONNELLO LUIGI PETTINATI
Fu un piemontese, un “monferrino” il primo alpino a guadagnarsi la medaglia d’oro nella guerra del 1915-18.
Il leggendario eroe era il tenente colonnello Luigi Pettinati, nato il 7 giugno 1864 alle ore dieci pomeridiane a Cavatore in provincia d’Alessandria, figlio di Domenico, proprietario e di Calcagno Teresa, benestante, ultimo di tre figli. Assai portato agli studi, scelse la carriera militare, che molto si addiceva alla sua indole, severa con sé stesso e pronta al sacrificio per il bene comune. Divenne così ufficiale in servizio attivo, prestando servizio da sottotenente e tenente dapprima nel 42° reggimento fanteria (brigata “Forlì”) e poi nel 1887 nel 2° reggimento alpini. Poco dopo, al matrimonio del fratello prediletto conobbe la sorella della sposa, Anna Maria, e se ne innamorò immediatamente, profondamente ricambiato. La loro unione fu allietata dai figli Romualdo, poi ufficiale alpino durante tutta la Grande Guerra, Maria Teresa (1994) e Amedeo (1900). Passò al 1° reggimento alpini, quando fu promosso capitano nel 1897. Tre anni dopo fu trasferito al 3° reggimento alpini, nel quale rimase sempre come aiutante maggiore in prima, come maggiore e come tenente colonnello partendo per la guerra al comando del battaglione “Pinerolo”. L’anno precedente, il 1914, la sua vita familiare, sempre serena, fu funestata da un grave lutto. Un’improvvisa febbre da tifo si portò via la moglie molto amata. Costretto ad affidare i figli minori alle cure del fratello e della cognata, si rinsaldò ancora di più nella sua missione, riversando sulle sue truppe molto di quell’affetto che non poteva più esprimersi. Un fortissimo legame reciproco legò sempre più Pettinati e i suoi soldati, “i suoi ragazzi”, come diceva. Alla dichiarazione di guerra all’Austria varcò il confine e si attestò con il suo reparto sulla destra dell’Isonzo. Pochi giorni dopo gli venne assegnato il comando del gruppo alpini “B” (sei battaglioni) che, con il gruppo alpini “A” (affidato al comando del colonnello Tedeschi), ebbe il compito di espugnare il massiccio del Monte Nero. Entrambi i gruppi, facenti parte del IV corpo d’armata, erano al comando del generale Donato Etna. Luigi Pettinati, nella notte del 31 maggio, con i battaglioni Susa e Val Pellice, attaccò il costone Vrata-Vrsic con tale slancio da riuscire rapidamente ad occuparlo e ad attestarvisi, respingendo i violenti attacchi del nemico. Nei giorni successivi, con arditissime azioni sempre felicemente riuscite, occupò la quota 2012, sulla cresta del tra il Vrata e Monte Nero, e la quota 2076, sul versante orientale del Vrata, aprendo così le vie verso lo stesso Monte Nero. Questa vittoria prestigiosa fu ottenuto con sacrifici umani altissimi. Come testimoniano le lettere alla famiglia e il diario dell’ufficiale medico Pistarino, che godeva della sua amicizia, Pettinati fu sconvolto per la terribile carneficina, che decimò gli amati giovani “a lui affidati”. Tuttavia non derogò mai per un attimo ai suoi doveri. Anzi, spregiando sempre più la sua sicurezza personale, pur di stare vicino ai suoi alpini, nell’imminenza della battaglia conclusiva, il mattino del 9 giugno, l’eroico ufficiale volle ancora una volta recarsi tra i suoi alpini per salutare il battaglione Pinerolo che ritornava dal Monte Mrzli dove era stato impegnato in duri combattimenti. Durante l’ispezione, mentre scendeva il sentiero che dalla cresta si snoda verso la valle, in piedi e senza celarsi al nemico, fu improvvisamente colpito dalla pallottola di un cecchino nemico appostato oltre le linee. Gravemente ferito all’addome, morì il 19 giugno all’ospedale militare di Caporetto. Nel suo diario, il Pistarino afferma che egli quasi cercò questa morte, non volendo egli sopravvivere al meglio dei suoi ragazzi. La pallottola che lo colpì bucò una lettera al figlio Romualdo, non ancora spedita, in cui, violando la retorica allora imperante, li rendeva partecipi dell’immane tragedia. La medaglia gli fu concessa alla “memoria” con uno speciale decreto che porta la data del 14 settembre 1915, circa tre mesi dopo la morte, con questa motivazione: “Con molta energia, singolare perizia e coraggio mirabile, superando difficoltà ritenute insormontabili, seppe condurre le forze a lui obbedienti alla conquista dell’importantissimo, aspro, impervio contrafforte Potoce-Vrata-Vrsic, rendendo così possibile l’ardua successiva operazione alla conquista del Monte Nero. Gravemente ferito da palla nemica, pochi giorni dopo decedeva” (Potoce-Vrata-Za Krain, 31 maggio - 9 giugno 1915) Pettinati è sepolto nel cimitero di Cavatore, vicino alla sua sposa. Raccontava il figlio Romualdo che i suoi Alpini, volendo ricordare il loro comandante, gli dedicarono il canto “Montenero” (“Colonnello che piangeva nel veder tanto macello…..”):
Medaglia d'oro al valore militare
ALPINO FRANCESCO CAZZULINI 1° reggimento alpini, battaglione Ceva.
Nasce a Ricaldone (AL) il 15 agosto 1920, figlio di Costantino Cazzulini di Acqui e di Maria Gaviglio di Alice Belcolle, contadini.
E’ arruolato nel marzo 1940 e destinato al battaglione “Ceva” del 1° reggimento alpini, partecipa prima alle operazioni di guerra svoltesi alla frontiera alpina occidentale dal 10 giugno, e poi a quelle sul fronte greco-albanese dal dicembre dello stesso anno. Trattenuto alle armi nel settembre 1941, un anno più tardi, il 31 luglio 1942, parte col reggimento per la Russia. Nelle fasi della ritirata di Russia, cade il 20 gennaio 1943 nell’attacco, portato dal battaglione “Ceva”, contro l’abitato di Nowo Postoialowka (Russia), dopo essere stato ferito, lottando eroicamente, mentre guida i compagni contro una munita postazione nemica, meritando così la Medaglia d’Oro alla memoria con la seguente motivazione: "Alpino portafucile mitragliatore, durante un attacco notturno contro munite posizioni tenute da forze preponderanti che ostacolavano l’avanzata di una nostra colonna di rottura, si lanciava risolutamente in avanti trascinando i suoi alpini col suo valoroso esempio. Ferito, persisteva, imperterrito, nell’impari cruenta lotta rifiutando decisamente di recarsi al posto di medicazione. Nuovamente colpito in più parti del corpo, continuava ad avanzare con stoica fermezza alimentando, col suo eroico contegno, l’ardore bellico dei valorosi superstiti. Prossimo all’obiettivo tenacemente conteso, si abbatteva sull’arma coronando la sua giovane esistenza con l’estremo sacrificio affrontato con fredda determinazione. Saldo combattente, degno delle gloriose tradizioni degli alpini". Nowo Postojalowka (Russia) 20 gennaio 1943
Medaglia d'oro al valor civile
ASSOCIAZIONE NAZIONALE ALPINI
Data del conferimento: 29- 11- 1995
motivo del conferimento:
"In occasione della violenta alluvione abbattutasi su Piemonte e Emilia Romagna, che causava vittime e ingentissimi danni, l'Associazione Nazionale Alpini, dando prova ancora una volta di elevatissima professionalità, di encomiabile spirito di sacrificio e di incondizionato impegno, interveniva con uomini e mezzi in soccorso delle popolazioni colpite e, prodigandosi con immediatezza, efficacia e sensibilità in una generosa e instancabile opera di solidarietà, contribuiva a garantire il graduale ritorno alla normalità. Novembre 1994."
Medaglia d'oro al merito civile
ASSOCIAZIONE NAZIONALE ALPINI
Data del conferimento: 9- 5- 1977
motivo del conferimento:
"Associazione di soldati della montagna in congedo, in 57 anni di feconda attività ha posto in luce le nobili tradizioni delle truppe alpine, indirizzando la propria azione verso obiettivi di fraterna concordia, di rispetto delle Istituzioni e di amor di Patria. Sempre presente là dove le necessità delle genti montanare o le improvvise sciagure ne richiedevano l'aiuto, ha impegnato numerosissimi suoi soci nelle operazioni di immediato soccorso alle popolazioni colpite dal rovinoso terremoto del Friuli, mobilitandoli successivamente, tra enormi difficoltà e perigli, nell'umanissima e meritoria opera di assistenza e di ricostruzione. Gli Alpini in congedo, che nella circostanza hanno dato un contributo di sangue per alleviare le sofferenze delle comunità terremotate, si sono ancora una volta rivelati in possesso delle più elette doti di solidarietà e di generosa abnegazione, riscuotendo l'ammirazione e la gratitudine più ampie della Nazione. Maggio-settembre 1976."
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