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VII EDIZIONE DEL SENTIERO DEGLI ALPINI

MONTECHIARO D'ACQUI

30/04/2017

 

MONTECHIARO D’ACQUI – SENTIERO DEGLI ALPINI n. 577

Voluto e riattato dal gruppo A.N.A. di Montechiaro nel 2012 recuperando parte di quei “fili” che cucivano l’alto borgo antico al fondo valle, alle cascine, ai campi, alla preziosa acqua del rio Plizzone e per i quali andava la nostra gente, il sentiero parte dall’abitato della “Piana”.
Lungo oltre 12 km, sale all’abitato Alto, il “borgo antico”, (300 m di dislivello) per poi scendere nel bacino e nelle gole del rio Plizzone (altro dislivello di 300 m) verso la valle dell’Erro e ritornare, se pur parzialmente con diverso tracciato, alle tappe dell’andata.
Tre ore d’una camminata comoda e tranquilla che è comunque opportuno compiere con una adeguata attrezzatura.
Non a caso ho usato la metafora dei fili. Come per le vecchie coperte che cucivano insieme pezze di diverso colore, il sentiero qui cuce pezzi della nostra storia, solo parzialmente scritta in rari libri ma ricordata con orgoglio da chi ancora la conserva e coltiva nella propria memoria.
Anche a questo servono gli Alpini.
La partenza è là dove sta, e a maggior ragione stava, la nostra porta sul mondo. Là dove già passava nel 109 A. C. la via romana Emilia Scauri, dove prima del 1000 venne eretta la Pieve detta “S. Maria del Cauro” di cui restano pochi ruderi … dove sul finire del 1874 iniziò a funzionare la tratta ferroviaria San Giuseppe di Cairo - Acqui Terme e venne costruita la locale Stazione.
Seguendo le segnaletiche bianco-rosse del 577 - questo è il numero con cui il nostro sentiero è contrassegnato nella rete escursionistica piemontese - seguirete una di quelle che la scrittrice Rosetta Loy chiamava, non a torto, strade di polvere … su cui andavano lenti i carri trainati da buoi. Ogni tanto un gelso, a ricordarci il tempo in cui integravamo i magri bilanci familiari con l’allevamento dei bachi da seta.
Scavalcata la provinciale 225, che sale al bricco, il sentiero si inerpica in un primo calanco per poi riprenderla là dove è la bella casa del Poggio, già residenza del pittore Eso Peluzzi (1895 - 1985) che ha immortalato in incantevoli oli alcune vedute di Montechiaro Alto. Da qui potrete osservare alle vostre spalle, e ancor di più procedendo, il degradare delle colline della Langa, la torre di Denice, confusa nei colori della collina che scende verso la Piana, quella isolata di Vengore.
Oggi la storiografia è più incerta sui motivi della loro origine ma affascina l’ipotesi che fossero anelli di una catena che trasmetteva l’allarme, l’invito a cercare riparo perché i saraceni stavano avvicinandosi.
Nel vostro procedere su Montechiaro Alto vi invito ad osservare il pozzo, che troverete indicato alla sinistra del vostro cammino, dove fino al 1961 si poteva attingere l’unica acqua potabile disponibile nell’areale del bricco e il piano alle sue spalle che noi diciamo pian d’la villa, forse il nostro primitivo insediamento umano, forse una fattoria romana. Ho scritto troppo, mi sono lasciato prendere la mano dall’amore per la mia terra e devo procedere più spedito. Non vi parlerò dunque del borgo antico che pure varrebbe la pena conoscere prima che il tempo lo consumi e che sfiorerete avvicinandovi agli edifici della pro-loco (dove - volendo - potrete mangiare) e posso solo far cenni alla conca - più elegantemente si dovrebbe dire bacino idrografico - del Plizzone su cui state per affacciarvi.
Se nel salire si potevano cucire insieme pezze di una Storia antica o anche solo vecchia qui ci affacciamo su quelle di un mondo non meno rumoroso ma più ovattato e la cui voce e più complesso riportare. Mondo che non si è mai raccontato perché il sudore è un inchiostro labile e la terra lo assorbe senza lasciare macchie. Una terra magra (pensateci quando vedrete gli orti che i nostri vecchi andavano a ricavare nelle forre scavate dal Plizzone) ove l’intercalare “malura”, reso celebre dal romanzo di Beppe Fenoglio, aveva una sua radice.
Ma anche pezze di un mondo che si perde nella notte dei tempi ma dalle tracce luminosissime.
Come i conglomerati di sassi fluviali che lo scorrere delle acque ha fatto riemergere incidendo il terreno e che ci appaiono, imponenti, nelle forre del Plizzone, quasi a voler proteggere il minuto corso d’acqua. Testimoni di antichi e impetuosi torrenti che scendevano al mare, qui lambito in lontanissime epoche geologiche.
Un amico degli alpini.
Riccardo Bulgarelli

 

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